lunedì 5 ottobre 2009

Stanotte ho capito come funzionano le canzoni


Lei era lì nella sala dello spettacolo:
io non me l’aspettavo, era da tanto
che non sapevo nulla. Le avevo scritto
una poesia in spagnolo intitolata
quisiera mirarte e adesso la miravo
(io non scrivo le cose per finta)
e ci siamo scambiati alcune parole,
un certo numero di parole
e anche un abbraccio e un bacio sulla guancia:
lei aveva una blusa di colore variegato,
i capelli raccolti in un codino di sbieco
e poi ho notato che al polso sinistro
aveva un certo numero di laccetti colorati
legati insieme con un solo nodo,
non posso giurare che fossero quattro
però mi sono sembrati più di tre
e cinque laccetti sarebbe esagerato,
quindi è possibile che fossero quattro
e dello stesso colore dei miei:
infatti io ho quattro laccetti legati
al polso destro con un solo nodo:
notando questa diciamo coincidenza
non ho pensato alle canzoni – non ancora –
però mi è venuto in mente un libro
o film o musical o qualcosa così:
adesso non ricordo e non ho voglia
di cercare con Google, mi sono rotto
di cercare con Google, comunque
s’intitola Lassù qualcuno mi ama
e a me è venuta in mente precisamente la variante
lassù qualcuno mi prende per il culo.
Durante tutto lo spettacolo, ascoltando
poesie e canzoni l’ho guardata:
la guardavo e ascoltavo le canzoni
e ascoltavo qualcosa dentro me
con del pianto negli occhi che guardavano
e il sangue che mi mulinava strano,
per fortuna nessuno se n’è accorto,
almeno credo che nessuno si sia accorto,
e ho capito come funzionano le canzoni.
Se voi l’avevate già capito da tempo
non è obbligatorio che mi facciate quei sorrisini
del cazzo, ognuno capisce quando capisce,
io stanotte ho capito come funzionano le canzoni.
Sì, le canzoni, le canzonette ma anche
certe canzoni più quotate, dicono
cose da fare spavento: ora vedrai
un uomo piangere
oppure se te ne vai
mi resterà il silenzio per l’eternità

o addirittura muoio senza te
e io ero sempre rimasto perplesso,
perplesso perché il cantante dopo cantato
mica piangeva, salutava il pubblico
gridando grazie, vi amo, vi amo, grazie, vi amo,
rilassato e contento, poi non restava
mica in silenzio per l’eternità,
no, si faceva intervistare dalla radio
e andava a cena e chiacchierava assai
e poi mica moriva senza lei,
no, non moriva, perché la sera dopo
aveva una replica, e un’altra, una tournée
ed era vivo, vivo senza lei.
Io ero sempre rimasto perplesso
ma adesso guardando lei e ascoltando
la distanza fra lei e me,
la distanza fra noi e le canzoni,
ho capito come funzionano le canzoni.
Le canzoni possono funzionare soltanto
se sono per finta, se sono per scherzo,
se dicono così tanto per dire:
è così che funzionano le canzoni,
forse anche le poesie, certe poesie
ma non le mie.
Io se scrivessi che muoio per lei
poi morirei: per questo non lo scrivo
e sono vivo. Per fare le canzoni
bisogna che sia finto. Perché quando è vero,
quando una cosa vera
quando una cosa inutilmente
quando una cosa ridicolamente vera
ti mulina il sangue, ti si schiaccia negli occhi,
non si può dire, non si può scrivere, forse
non si può vivere, non si può nemmeno vivere,
e se proprio scrivi scrivi solo cose lievi
parlando quasi d’altro, perché muoio per te
lo si può dire soltanto per finta,
le volte che è vero nessuno l’ha mai detto.
Ho capito come funzionano le canzoni
e certe poesie, però non le mie:
e questa notte io non scriverò
versi per un amore inutile e ridicolo:
farò una riverenza, due passi nella notte,
e scriverò un breve addio per finta.


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